Commentario biblico unitariano - Luca 1,47

«E lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore». - Luca 1,47

Il cantico di Maria in Luca 1:47 offre un punto di partenza significativo: "Il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore". Questo versetto, espresso in un contesto di profonda incertezza umana – una gravidanza miracolosa in una cultura che la percepiva come scandalo – riflette la fiducia assoluta nella provvidenza divina. Alcuni trinitari interpretano tale attribuzione a Dio Padre, unita al titolo di "Salvatore" dato a Gesù, come prova di un'identità ontologica. Tuttavia, questa conclusione ignora la complessità semantica del termine nelle Scritture.

Il titolo di "Salvatore" nella Scrittura: un'analisi teologica

La Bibbia attribuisce ripetutamente il titolo di "Salvatore" a YHWH nell'Antico Testamento (Isaia 43:11) e al Padre nel Nuovo (1 Timoteo 1:1; 2:3; 4:10; Tito 1:3; 2:10; 3:4; Giuda 25). Questa designazione si radica nel Suo ruolo di ideatore e attuatore del piano salvifico: dalla nascita verginale (Matteo 1:20) all'effusione dello Spirito su Gesù (Luca 4:1), permettendogli una vita senza peccato (1 Pietro 2:22). Senza questa azione divina primaria, la redenzione sarebbe stata impossibile.

Gesù riceve legittimamente lo stesso titolo non per identità col Padre, ma come realizzatore della salvezza. La sua mediazione unica – culminata nel sacrificio espiatorio – lo distingue da ogni altro agente, pur mantenendo una subordinazione funzionale al disegno paterno.

"Salvatori" umani e problemi di traduzione

Il termine greco sōtēr e l'ebraico moshia appaiono anche per figure storiche come i giudici d'Israele. Neemia 9:27 ricorda come Dio abbia "concesso salvatori" durante l'oppressione, concetto presente pure in 2 Re 13:5, Isaia 19:20 e Abdia 21. Tuttavia, molte traduzioni moderne (specie inglesi) oscurano questa continuità semantica rendendo sōtēr come "liberatore" in riferimento ad agenti umani e "Salvatore" per la Divinità. Questa scelta, influenzata da pregiudizi dottrinali, indebolisce la testimonianza biblica della collaborazione tra sovranità divina e strumenti umani.

Implicazioni teologiche
  • Distinzione di ruoli: L'attribuzione condivisa del titolo non implica unità di sostanza, così come i "salvatori" umani non diventano divini.
  • Prospettiva sinergica: La salvezza è un'opera a più livelli: concepita dal Padre, attuata dal Figlio, e applicata attraverso agenti secondari.
  • Integrità testuale: Le scelte traduttive devono rispettare l'uso biblico originario, evitando di appiattire le sfumature per conformità dogmatiche.
In conclusione, il titolo di "Salvatore" riflette una gerarchia funzionale piuttosto che un'identità essenziale. Come Maria, i credenti sono chiamati a riconoscere sia la trascendenza del disegno divino sia l'umile collaborazione di Cristo e degli strumenti umani nella storia della redenzione.

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