Il Pastore di Erma e la questione trinitaria

Introduzione

La ricerca delle origini della dottrina trinitaria nella chiesa primitiva costituisce un campo di indagine tanto affascinante quanto complesso. Poiché né Gesù né i suoi apostoli insegnarono esplicitamente che l'unico Dio consista di tre persone divine co-uguali e co-eterne, diventa necessario esplorare i secoli successivi alla fondazione della chiesa per comprendere come e quando tale dottrina abbia preso forma. L'analisi degli scritti cristiani non canonici dei primi secoli rivela un panorama teologico variegato, nel quale figure come Clemente di Roma, la Didaché, Policarpo e altri Padri Apostolici non presentano ancora una chiara formulazione trinitaria; anzi, molti di questi autori mostrano posizioni autenticamente unitariane.

In questo contesto si inserisce Il Pastore di Erma, un'opera che merita particolare attenzione per comprendere l'evoluzione del pensiero cristologico nei primi secoli della chiesa.

Contesto storico e letterario

Il Pastore di Erma è uno dei testi più voluminosi tra gli scritti dei Padri Apostolici. L'autore, Erma, era un liberto (ex schiavo) vissuto nel II secolo, che compose quest'opera probabilmente a Roma tra il 110 e il 140 d.C. Il documento registra una serie di visioni apocalittiche mediate da una figura angelica identificata come "il pastore", descritto come l'angelo della penitenza.

L'opera godette di straordinaria popolarità tra il II e il IV secolo, essendo citata e discussa da figure di primo piano come Ireneo, Clemente Alessandrino, Tertulliano, Origene, Girolamo e Agostino. Sebbene alcuni studiosi minori abbiano suggerito una possibile paternità multipla, la maggioranza concorda nell'attribuire l'intera opera a un unico autore.

È importante notare che il tema centrale del libro non è la cristologia, bensì la soteriologia e la questione della penitenza, in particolare per i cristiani che hanno peccato dopo il battesimo. Questo focus tematico spiega perché le affermazioni cristologiche dell'opera appaiano a volte incidentali o non sistematicamente sviluppate.

La concezione di Dio: l'unicità del Padre

L'analisi de Il Pastore di Erma offre conclusioni inequivocabili riguardo alla natura di Dio. Per Erma, Dio è innanzitutto il creatore, descritto consistentemente con termini singolari che ne sottolineano l'unicità personale.

In Visioni 1:1:6, Dio è presentato come colui che dimora nei cieli, che ha creato, accresciuto e moltiplicato ciò che esiste dal nulla per amore della sua santa chiesa. Non emerge alcuna concezione binitaria o trinitaria; piuttosto, Dio è chiaramente ed esplicitamente identificato come una singola persona: il Padre solo.

Il Metodo della Creazione

Particolarmente significativo è il modo in cui Erma descrive l'atto creativo divino. In Visioni 1:3:4, si afferma che Dio ha creato il mondo con la sua potenza invisibile, la sua grande intelligenza, il suo glorioso piano, la sua potente parola (remati, un parallelo funzionale di logos), la sua saggezza e la sua preconoscenza.

Questo linguaggio, che riflette una chiara continuità con le Scritture Ebraiche (Genesi 1, Salmi 33:6, Proverbi 8), non offre alcuna indicazione che la potente parola o la saggezza di Dio siano persone maschili o femminili coscienti e distinte. Si tratta piuttosto di attributi o strumenti attraverso i quali l'unico Dio personale esercita la sua attività creativa.

La Riaffermazione dello Shema

Elemento di capitale importanza è la citazione e riaffermazione dello Shema d'Israele presente nell'opera. In Mandati 1:1:1-2, l'angelo istruisce Erma con queste parole: "Prima di tutto credi che Dio è uno, che ha creato e completato tutte le cose... che contiene tutte le cose ma è lui stesso solo (monos) non contenuto".

Questo testo dimostra che lo Shema continuava ad essere utilizzato nella chiesa primitiva con il suo significato originario: l'affermazione che l'unico Dio è una persona sola. Non vi è traccia di un'interpretazione che divida o articoli lo Shema per riferirsi a più persone all'interno dell'unico Dio, come sarebbe stato necessario per una teologia trinitaria.

La natura del Figlio e dello Spirito Santo

Comprendere le credenze di Erma riguardo al Figlio e allo Spirito Santo rappresenta una sfida notevole, principalmente perché questi due enti non vengono trattati in modo completamente separato: lo Spirito lavora con il Figlio, e il Figlio è potenziato dallo Spirito.

La distinzione tra Dio e il Figlio

In Similitudini 5:6:2, emerge una chiara distinzione tra Dio e il Figlio. Il testo afferma che Dio (il creatore, ho theos) piantò la vigna (creò il popolo) e la consegnò a suo figlio (to huio). Il Figlio è chiaramente distinto da Dio. Il fatto che sia definito "suo" figlio indica che Dio, che è una sola persona, è il Padre. Il Figlio è descritto come il signore del popolo, avendo ricevuto tutta l'autorità dal Padre.

La parabola della vigna: un'interpretazione inaspettata

Il punto più complesso e sorprendente dell'opera si trova in Similitudini 5, nella parabola della vigna. La parabola include tre figure: il proprietario/signore (il padrone della vigna), uno schiavo fidato, e il figlio del proprietario. L'interpretazione angelica di questa parabola si rivela del tutto inaspettata:

  1. Il Signore del campo è identificato come Colui che ha creato e completato tutte le cose, cioè Dio Padre.
  2. Lo schiavo è esplicitamente chiamato il Figlio di Dio.
  3. Il figlio (nella parabola) è identificato come lo Spirito Santo.

Questa interpretazione comporta conseguenze teologiche significative: Il Pastore di Erma distingue chiaramente il Figlio di Dio (rappresentato dallo schiavo) dallo Spirito Santo (rappresentato dal figlio nella parabola).

Il Figlio come schiavo fedele

Lo schiavo, identificato come il Figlio di Dio, viene lodato per la sua fedeltà, lealtà e obbedienza al proprietario. È cruciale notare che il suo merito non è basato su alcuna rivendicazione intrinseca di divinità, ma esclusivamente sulla sua condotta esemplare.

Come ricompensa per questa fedeltà, il proprietario eleva lo schiavo a erede. Questo elemento narrativo suggerisce un concetto di adozione: Gesù non ha sempre posseduto i diritti di un erede, ma questi gli sono stati conferiti da Dio in virtù della sua fedeltà. Si tratta di una forma di cristologia adozionista, nella quale lo status del Figlio è acquisito piuttosto che intrinseco.

Il ruolo dello Spirito e la questione della pre-esistenza

Lo Spirito nella carne

La connessione tra lo Spirito Santo e Gesù avviene durante l'esistenza terrena di quest'ultimo. Secondo Il Pastore di Erma, lo Spirito Santo pre-esistente, che ha partecipato alla creazione di ogni cosa, è stato fatto dimorare da Dio nella carne scelta, identificata con Gesù.

Questa carne ha servito bene lo Spirito, vivendo in modo puro e cooperando pienamente con esso. Dio ha scelto questa carne particolare come partner appropriato per lo Spirito Santo. Ne emerge l'immagine di Gesù come uomo di carne fedele e ispirato dallo Spirito, la cui condotta è stata pienamente gradita a Dio.

La pre-esistenza del Figlio

La questione della pre-esistenza viene affrontata in Similitudini 9:12, dove si afferma che il Figlio di Dio fu "nato prima di tutta la sua creazione" (pro yinisteros) e divenne quindi il consigliere del Padre per la sua creazione.

Questo testo indica una pre-esistenza del Figlio, ma non un'esistenza eterna nel senso ortodosso. Il Figlio viene all'esistenza prima della creazione di tutte le altre cose, ma ha comunque un'origine. Non è increato come il Padre.

Questa affermazione solleva l'interrogativo se Erma stia identificando il Figlio di Dio con la parola o la saggezza personificata di Dio, come nella tradizione sapienziale di Proverbi 8. Tuttavia, il testo non sviluppa questa connessione in modo esplicito, lasciando la questione nell'ambito della speculazione interpretativa.

Valutazione conclusiva

La teologia de Il Pastore di Erma non è trinitaria. Questa conclusione trova conferma anche presso studiosi di orientamento ortodosso: Caroline Osk, nel suo commentario autorevole, ammette francamente che il documento "certamente non è trinitario nel senso ortodosso".

Le conclusioni dell'analisi possono essere sintetizzate nei seguenti punti:

  1. Dio è una sola persona, identificato come il creatore di tutte le cose, il Padre solo. L'unicità divina è affermata in termini inequivocabili attraverso la riaffermazione dello Shema.
  2. Lo Spirito Santo e il Figlio di Dio (che significativamente non viene mai chiamato Gesù nell'opera) sono distinti dall'unico Dio. Non sono considerati come persone all'interno dell'essere divino, ma come entità subordinate.
  3. Lo Spirito appare più prominente del Figlio nella gerarchia teologica di Erma. Rimane ambiguo se lo Spirito debba essere inteso come una persona cosciente e distinta o piuttosto come una forza divina che potenzia Cristo.
  4. Il Figlio di Dio fu creato o nato prima di tutte le creature, partecipando quindi alla creazione come consigliere del Padre. Questa pre-esistenza non equivale all'eternità, ma indica piuttosto una precedenza temporale rispetto al resto della creazione.
  5. Durante la sua esistenza terrena, il Figlio, incarnato come essere umano, servì fedelmente Dio, essendo potenziato e guidato dallo Spirito Santo. La sua umanità è reale e non apparente.
  6. Come ricompensa per la sua condotta fedele, Dio conferì al Figlio ogni autorità e lo adottò come erede. Questo elemento adozionista è centrale nella cristologia di Erma e incompatibile con la cristologia ortodossa delle definizioni conciliari successive.

Considerazioni finali

In conclusione, Erma non può essere considerato un trinitario. La sua teologia insegna ripetutamente e consistentemente che il Dio creatore è una persona sola, il Padre, mentre il Figlio e lo Spirito occupano posizioni chiaramente subordinate. Non esiste nell'opera alcuna articolazione di co-uguaglianza o co-eternità tra le figure divine.

Questo documento rappresenta quindi un'importante testimonianza della diversità teologica presente nella chiesa del II secolo e del lungo processo di sviluppo dottrinale che avrebbe condotto, solo nei secoli successivi, alla formulazione della dottrina trinitaria ortodossa nei concili di Nicea (325 d.C.) e Costantinopoli (381 d.C.).

L'assenza della dottrina trinitaria in Il Pastore di Erma, opera così popolare e influente nei primi secoli cristiani, sottolinea come tale dottrina non fosse considerata un elemento essenziale della fede cristiana nel periodo immediatamente successivo all'era apostolica. Piuttosto, la chiesa primitiva manteneva una forte continuità con il monoteismo ebraico, affermando l'unicità personale di Dio Padre e concependo Cristo e lo Spirito in termini subordinazionisti che sarebbero stati successivamente dichiarati eretici dalla tradizione ortodossa.

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