Marco 12,28-34: L'identità del Dio unico e il comandamento fondamentale secondo i Vangeli
Introduzione
L'analisi del passaggio evangelico di Marco 12:28-34 offre una prospettiva chiara e coerente sull'identità del Dio unico e sulla centralità del monoteismo ebraico riaffermato da Gesù. Questa riflessione intende fornire ai credenti strumenti per una comprensione più approfondita del vero Dio e del suo figlio, Gesù Cristo, facilitando conversazioni teologicamente fondate.
Il brano descrive un dialogo significativo tra Gesù e uno scriba. A differenza di molti altri scambi che Gesù ebbe a Gerusalemme, questo scriba si distingue per il suo atteggiamento amichevole e non ostile, senza cercare di mettere in difficoltà il Maestro. La domanda posta dallo scriba è di importanza fondamentale: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?".
La riaffermazione dello Shema
La risposta di Gesù consiste nella citazione dello Shema, tratto da Deuteronomio 6:4-5, riaffermando così il monoteismo ebraico nella sua forma originaria, senza alcuna reinterpretazione o divisione dell'unico Dio in più persone:
"Il primo è: Ascolta, Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è uno; e tu amerai il Signore, il tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua e con tutta la tua forza."
A questo primo comandamento, Gesù aggiunge il secondo, citando Levitico 19:18: "Amerai il tuo prossimo come te stesso; non c'è altro comandamento più grande di questi".
Per chi si professa seguace di Gesù, questo insegnamento dovrebbe rappresentare il fondamento della propria vita spirituale. Il passaggio che dichiara l'unità di Dio e l'obbligo di amarlo con tutto il proprio essere costituisce l'imperativo più importante della fede.
L'unità di Dio come unità di persona
Il comandamento fondamentale sottolinea inequivocabilmente l'unità di Dio, proclamando che Yahweh è uno. È essenziale notare che Gesù non reinterpretò né modificò lo Shema, né suggerì che l'unico Dio fosse un essere composto da tre persone distinte.
L'interpretazione che Marco fornisce di Deuteronomio 6:4 si basa sulla traduzione della Settanta (LXX), che chiarisce esplicitamente il concetto di unità. Mentre l'ebraico originale può presentare ambiguità interpretative, il greco rende il significato inconfutabile ponendo l'aggettivo numerale cardinale singolare in posizione predicativa: "il Signore è uno".
L'aggettivo maschile singolare "uno" (εἷς) implica che il Signore, il nostro Dio, Yahweh, è una sola persona. Questa comprensione è storicamente attestata: ad esempio, nel Targum di Deuteronomio, l'unità proclamata in Deuteronomio 6:4 è interpretata come riferita a una persona singola, specificamente il Padre solo.
La conferma dello scriba e Deuteronomio 4:35
L'importanza teologica del brano è ulteriormente rafforzata dalla reazione dello scriba, che non si limita a concordare con Gesù, ma arricchisce la discussione citando un passaggio cruciale: Deuteronomio 4:35.
Lo scriba afferma: "Hai detto bene, Maestro... che Egli è uno, e che non ve n'è alcun altro all'infuori di lui".
Gesù, riconoscendo che lo scriba aveva risposto "saggiamente e intelligentemente", esprime il suo consenso con questa conclusione.
Deuteronomio 4:35 definisce chiaramente Yahweh utilizzando il pronome singolare di terza persona "Egli" accompagnato dalla precisazione categorica che "non c'è nessun altro all'infuori di lui". Questo passaggio è particolarmente efficace nel definire Dio come una persona sola, specificando che non esiste nessun altro accanto a lui.
I riferimenti grammaticali sono inequivocabili: lo scriba impiega un verbo singolare ("Egli è uno"), un aggettivo singolare ("uno") e pronomi singolari ("all'infuori di lui" e "amare lui") per descrivere l'unico Dio. Ciò dimostra che la comprensione dello scriba identificava Yahweh come una sola persona, interpretazione che Gesù non solo non corresse, ma approvò esplicitamente.
Non vi è alcuna indicazione che questo "uno" permetta l'esistenza di un Dio Figlio o di una persona divina separata chiamata Spirito Santo accanto al Padre.
Il Contesto Teologico del Vangelo di Marco
L'insegnamento di Gesù in Marco 12 si inserisce perfettamente in un quadro teologico coerente presente in tutto il Vangelo di Marco, che ritrae costantemente Dio come il Padre solo.
1. Battesimo e Trasfigurazione
Sia al battesimo (Marco 1:11) sia alla trasfigurazione (Marco 9:7), la voce dal cielo proclama: "Questo è il mio diletto figlio". Il pronome possessivo in prima persona singolare indica inequivocabilmente che l'oratore (Dio) è una persona sola, e se ha un Figlio, per definizione logica, deve essere il Padre solo.
2. La Subordinazione di Gesù
In Marco 5:7, Gesù è identificato come "il figlio dell'altissimo Dio". Se Gesù è il figlio e Dio è l'Altissimo, ne consegue necessariamente che il Figlio è subordinato e inferiore in posizione e autorità.
3. La Bontà Esclusiva di Dio
Quando un ebreo lo chiama "maestro buono", Gesù risponde: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo" (Marco 10:18). Gesù reindirizza l'attributo della bontà assoluta verso l'unico che è veramente buono: il Dio creatore.
4. L'Onniscienza Esclusiva del Padre
Riguardo alla seconda venuta, Gesù dichiara: "Nessuno sa né il giorno né l'ora, né gli angeli in cielo né il figlio, ma solo il padre" (Marco 13:32). Questo passaggio dimostra l'onniscienza esclusiva del Padre e chiarisce che Gesù non è una figura co-eguale o co-onnisciente rispetto al Padre.
5. Gesù Ha un Dio
Sulla croce, Gesù cita il Salmo 22, gridando: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Marco 15:34). Il fatto che Gesù stesso abbia un Dio al di sopra di sé (Yahweh è il Dio di Gesù) dimostra in modo auto-evidente che Gesù non è Yahweh. Gesù è il figlio di Dio, l'agente mandato da Yahweh, ma l'agente non va mai confuso con colui che lo ha inviato.
Conclusione
Marco 12:28-34, analizzato nel suo contesto evangelico più ampio, dimostra in modo inequivocabile che Gesù aderì e insegnò una fede monoteista unitaria. Gesù concordò esplicitamente con una comprensione unitaria di Yahweh come persona singola, non dividendo mai l'unico Dio in una pluralità di persone divine. Egli non insegnò mai la dottrina della Trinità, né esplicitamente né implicitamente.
Per i seguaci di Gesù, l'insegnamento è chiaro e inconfutabile: se Gesù credeva che Yahweh fosse una persona sola (il Padre solo) e considerava questo il comandamento più grande, allora i cristiani dovrebbero adottare la medesima teologia. L'identificazione di Dio come una persona sola costituisce parte integrante della risposta di Gesù sul comandamento fondamentale.
La scelta, quindi, si pone tra l'adesione agli insegnamenti diretti di Gesù Cristo e la sottomissione a credi post-biblici elaborati nei secoli successivi, a partire dalla metà del IV secolo.
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